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Benevento

Benevento

di Lamberto Ingaldi



Ogni città d’Italia possiede il suo stemma municipale e Benevento, città nobilissima della Regione Campania, si vanta di essere rappresentata da un cinghiale stolato, pronto al sacrificio. La leggenda attribuisce la fondazione di questa città all’eroe etolo Diomede, avvenuta probabilmente nell’anno 1200 a.C. dopo la distruzione di Troia e dedicata allo zio Meleagro, ferito mortalmente da un cinghiale. Benevento, situata nel territorio tra il Piceno, il Lazio, la Campania, la Lucania e l’Apulia della regione storica dell’italia centro meridionale, fu abitata dai Sanniti.

Mura longobarde

Questo antico popolo italico, del gruppo osco sabellico, con altre tribù affini, in ossequio al “ver sacrum” (Primavera sacra) rito antichissimo dei popoli italici praticato in tempo di pericolo o in caso di elevata densità demografica, con esso si dedicavano a qualche divinità animali domestici e bambini nati nella primavera successiva. Gli animali erano sacrificati mentre i fanciulli giunti alla maggiore età, trasferivano le nuove tribù in altri luoghi. Tali migrazioni si affidavano alla casuale guida di un animale sacro; i Picenti ad esempio, presero il nome dal picchio “picus’; gli Irpini dal lupo “hirpus”), giunse in questo luogo fertile; dedito alla pastorizia e all’agricoltura, di carattere rude, viveva in centri rurali, governato da un magistrato (meddix); delle tribù più importanti ricordiamo: gli Irpini, i Pentri i Caudini, i Caraceni; esse si riunivano in un’unica confederazione soltanto in caso di grandi calamità, eleggendo un capo supremo. I Sanniti entreranno ufficialmente nella storia del centro-meridione nel IV e V secolo. L’indagine etimologica del nome “Benevento” risale al IV sec. a.C. con il ritrovamento di una moneta recante incisa la scritta “Malies”. Da questa parola greca, la derivazione di Maloentòn, tipica espressione dell’antico dialetto etolico. Maloentòn, si avviava a diventare un prosperoso centro del Sannio e durante la prima guerra sannitica del 314 a.C. subirà altra variazione in Malventum o Maìeventum, mentre l’ultima e definitiva trasformazione si ascriverà ai superstiziosi Romani, quando, nel 275 a.C., sbaragliate le truppe di Pirro, vollero attribuire a questa terra il nome augurale di “Beneventum” (Bonum eventum).

Guerriero Sannita

GUERRIERO SANNITA

La gente sannita, dal carattere riservato, custodiva sempre vivo il naturale spirito di sopravvivenza e la sua autonomia, pronta a reagire con impetuosa forza anche contro gli stessi Romani. L’eterno conflitto tra Sanniti e Romani registrò momenti di apparente distensione ma dall’una e dall’altra parte restavano assopiti rancori; l’episodico fatto delle Forche Caudine, avvenuto nel 321 a.C., lo conferma, il Sannio osò sfidare, combattere ed umiliare Roma e ricevutane la consequenziale ridimensione, contribuì alla costituzione dell’impero romano e alla sua gloria. Infatti, con la occupazione di Brindisi (267 a.C.), si completava l’unificazione della penisola italica che proprio da questo mezzogiorno riceverà il nome “Italia”, dalla parola osca “Viteliu”. Benevento nel 209 a.C. è fra le diciotto colonie fedeli a Roma. Lo stesso Tito Livio esprimerà un doveroso, grato riconoscimento nel dire: “solo per l’aiuto di queste colonie, rimase in piedi l’impero romano Nel I secolo a.C. Sannio e Roma godevano una stabile e rispettosa convivenza, garantita da nuove leggi e nuovi orizzonti si aprono alle città del Sannio; Benevento assunse il rango di “Municipium” con nuovi magistrati esperti nell’amministrazione. Una colonia veniva dedotta nel 42 a.C. in terra sannita per ordine dei Triumviri, guidata da Lucio Munanzio Planco, seguace e sostenitore della politica di Ottaviano. La colonia, composta da veterani della IV Legione Ferrato, reduci dalla Spagna e dalla XXX Legione Classica, assunse l’appellativo di “concordia”, poi meglio identificata nella più idonea, conforme definizione: “IULIA CONCORDIA AUGUSTA FELIX”, termini appropriati per evidenziare la vastità e la fertilità del territorio, assegnato alla municipalità di Benevento, confortati per altro dalla presenza della via Appia, la “regina viarum”, prolungata nel 268 a.C. dal censore Appio Claudio il cieco, dopo la conquista della Campania, da Capua a Benevento e più tardi fino a Brindisi. Il destino di Benevento era così fortunosamente tracciato; la sua posizione orografica tra il versante tirrenico ed adriatico, costituiva una tappa obbligata per raggiungere l’Oriente. Dal I al IV sec. d.C. Benevento è immersa in una fervorosa operosità; il Ponte Leproso sulla via Appia rappresenta il vicino ingresso alla città, dove si trovano ubicati l’Emporio o Criptoportico, la Basilica, le Terme (Commodiane), il Teatro. Ciò che maggiormente sorprenderà, sarà il proliferare di tante innovazioni: il collegio dei medici, la scuola dei musici, mimi e ballerini (adiacente al teatro), la fabbrica di strumenti musicali, la scuola di scrittura.

Piazza Castello a Benevento

L’imperatore Domiziano nell’anno  88 d.C. farà edificare in Benevento un grandioso tempio alla Dea Iside (i cui  reperti si possono ammirare nelle sale del Museo del Sannio). Tra il 114 e 117  d.C. un arco trionfale sarà innalzato a Benevento, per ricordare le gloriose  imprese dell’imperatore Marco Ulpio  Traiano. All’imperatore Adriano si  attribuisce là costruzione del Teatro romano (126 d.C.) e

Arco di Traiano

all’imperatore  Marco Aurelio, detto Caracalla, il  definitivo ampliamento e la sobria decorazione (198-210 d.C.). Interromperà  l’incantesimo di una melodiosa opera il disastroso terremoto del 369 d.C.,  determinando l’inevitabile decadenza di Benevento. Roma aveva ricompensato la  città fedele, che in questa circostanza riceverà l’elogio romano da Simmaco, il “corrector Campaniae” (ispettore della Campania), contenuto in una dettagliata relazione inviata al Senato di Roma, nella quale dirà di aver visitato la città ma più che della sua grandezza era rimasto impressionato dalla indole dei cittadini, amanti delle arti e delle lettere, mirabili per costumi, solidali nell’affrontare i danni comuni.Con Teodosio (379-395), l’ultimo grande imperatore d’occidente, scompare la gloria e lo splendore di Roma; l’anno 476, dopo un’alternanza di infauste vicende, è la data del decisivo tramonto, la fine della storia di Roma che, malgrado tutto, anela a rivivere un diverso prestigio, non come dominatrice di popoli ma come centro universale della cristianità.Benevento confermerà ancora una volta la sua importanza strategica nel 536, allorquando il generale Belisario la sottrae ai Goti, per essere da questi riconquistata nel 545.

Totila aveva raso al suolo le mura della città impedendo ai Greci ogni possibile riutilizzazione. La caparbietà dell’imperatore bizantino Giustiniano I dispose una controffensiva; il comando degli eserciti fu affidato allo stesso Belisario che sarà sostituito da altro generale imperiale, Narsete (zio di S. Artelaide, giovane donna che per sfuggire alle insidie della corte bizantina, raggiunse lo zio a Benevento, ove condurrà una santa vita, infondendo nel cuore del popolo l’amore per la Vergine Maria, quella Vergine che sarà chiamata “delle Grazie” e diventerà la celeste patrona di Benevento e del Sannio). Con la morte di Totila (552) e la disfatta delle sue truppe (555), ormai rimaste disorientate senza una guida sicura, Benevento, stremata dalle terroristiche incursioni, soggiace all’autorità greca, riprendendo lentamente il ritmo quotidiano.

Chiostro di Santa Sofia

Non trascorre neanche il tempo utile per ravvisare un nuovo ordine di vita che si è tentato di varare, quando un’altra minacciosa ombra si addensa all’orizzonte. Le orde selvagge dei Longobardi, provenienti dalla Pannonia sotto la guida di Re Alboino, il 2 aprile 568 valicano il passo del Predil nelle Alpi Giulie; il 3 settembre 569 occupano Milano e, continuando nella facile conquista, s’impadroniscono di altri centri importanti come Ravenna e Spoleto, giungendo a Benevento nel 570.

Piazza santa Sofia
Monumento ad Arechi II

Con la formale costituzione del Ducato Longobardo di Benevento (576) e Zottone, primo Duca, questa realtà è destinata a durare per oltre 500 anni, donde concordemente si può tracciare il seguente paradigma:

  • primo Ducato (576 – 774)
  • Principato grande (774 – 848)
  • Principato piccolo (848 – 1077).

Durante il periodo della dominazione longobarda, si verificheranno due episodi di significativo valore storico:

  1. conversione dei Longobardi al cristianesimo e sconfessione del rito orgiastico delle Streghe (da cui l’omonima leggenda);
  2. la superba figura del  Duca Arechi II (758 – 787), nominato Duca nel marzo 758, eleva il Ducato in Principato nel 774, regnando con esemplare saggezza; mecenate, fervente cattolico, fautore di opere pubbliche, esaltò la sua principesca sede, ispirandosi ai fasti della corte bizantina.

Si dirà brevemente del primo episodio traendo spunto da un Codice della Biblioteca Capitolare di Benevento redatto alla fine del 1100, in cui traspare il culto della vipera, dell’albero sacro, della invasata superstizione idolatrica del popolo longobardo, fermento provvidenzialmente arginato tra il 680/683 quando l’imperatore bizantino Costante assedia Benevento. Il Duca Romualdo, preoccupato dell’incombente pericolo, si consulta con il prete Barbato e questi risoluto, si dichiara disponibile a parlamentare con Costante, a condizione però che Romualdo e il suo popolo si fossero convertiti al cristianesimo. Il Duca accettò e Barbato persuase Costante; l’assedio fu tolto, segue la conversione dei Longobardi e Barbato è acclamato vescovo di Benevento. L’opera del nuovo Pastore si dirigeva ormai con autorevolezza a sconfessare ogni forma di superstizione, specialmente quella degli alberi, sui quali i Longobardi appendevano le pelli degli animali sacrificati. Il mito delle streghe apparentemente si assopirà, per riapparire, agli albori del 1400 con l’invasione spagnola del Regno di Napoli, più esasperante rispetto al primitivo rituale, meglio definito: “Sabba o Tregenda”. L’albero sacrilego sarà il “noce”; la vipera è “Satana”; i partecipanti che cavalcano caproni e scope intorno all’albero: “Streghe e Stregoni”; il giorno delle adunanze: il “sabato”, al grido: “Sòtte ‘a l’acqua é sòtte’ u viénte, sòtte ‘a noce ‘e Beneviénte”. Una leggenda, destinata a confondere e conquistare l’ingenuità popolare, animata sempre dal sentimento della speranza che inevitabilmente si agita nel cuore di ogni uomo; giungerà fino al XX sec. malgrado le considerevoli evoluzioni dei tempi e il progresso della scienza. Il secondo episodio richiederebbe una serie di considerazioni; ovvie ragioni però, suggeriscono, anche se sinteticamente, di presentare la figura del Duca Arechi II. Nato nel 734 a Cividale del Friuli, aveva appena 24 anni quando Desiderio lo nomina Duca di Benevento (758). (Arechi aveva sposato Adelperga, la più fortunata delle figlie di re Desiderio). Dal carattere deciso, assicuratasi la simpatia di molti Vescovi, esplode in un fervido dinamismo, incrementando la costruzione di pubblici edifici, di chiese e del suo stesso palazzo detto “Sacrum Palatium in Piano Curiae”. Sostenne lo sviluppo della cultura, accogliendo nella sua dimora artisti e letterati del tempo, tra cui lo storico Paolo Warnefrido Diacono, precettore della Duchessa Adelperga.

Il ducato di Benevento nel secolo VII

Di dignitosa integrità passava facilmente dal delicato impegno di governo alle pratiche religiose; trascorreva intere notti a pregare nella chiesa palatina di S. Sofia. I rapporti non sempre felici tra re Desiderio e Carlo Magno (rispettivamente suocero e cognato) indussero Arechi ad una politica di assoluta autonomia, alleandosi occasionalmente con i Napoletani e con i Bizantini. Nel 774 eleverà il Ducato in “Principato” e nel suo trentennale governo, trasmetterà al territorio di sua giurisdizione, immensi benefici; affascinato dall’antico nome “sannita” era onorato nel fregiarsi del titolo “Princeps Samnitum” su tutti i documenti ufficiali che recavano la sua firma.

Obelisco in Piazza Papiniano

Della sua appassionata dedizione ricordiamo il completamento della chiesa di S. Sofia, iniziata dal Duca Gisulfo (742/749), che dedicherà alla Divina Sapienza il 17 febbraio dell’anno 760. La struttura del tempo, un’ardimentosa realizzazione ispirata al fasto giustinianeo di Costantinopoli, rappresenta nel suo insieme una rara espressione dell’architettura europea del primo medioevo. L’annesso chiostro, una pertinenza del convento delle monache benedettine (prima badessa: Gariperga, sorella di Arechi), offre nella sua statica magnificenza l’idea di un manierismo arabo. L’area a base quadrangolare è delimitata perimetralmente da quindici quadrifore ed una trifora nelle quali si sviluppa una serie di archi moreschi (a ferro di cavallo) sorretti da agili ed artistiche colonnine di marmo.

Altro grande impegno da ascriversi ad Arechi, questa volta di squisito indirizzo urbanistico, la ristrutturazione della parte bassa ed antica della città, detta poi “civitas nova” e la ricostruzione della cinta muraria intervallata da torrioni nonché il restauro delle porte.Arechi II morirà a Salerno il 26 agosto 787 (aveva 53 anni) e Paolo Diacono dirà nell’elogio funebre: “… con lui sembra che tutto sia scomparso, la gioia, la prosperità, la pace, la grandezza…”. Parole dal sapore profetico ma che in realtà annunziano l’inevitabile declino del Principato longobardo di Benevento in un’alternanza di sconfortevoli fragilità umane. Un evento decisivo occuperà un’altra pagina di storia! Papa Leone IX il 5 luglio 1051 giunge a Benevento, proscioglie la città dalla scomunica (già emessa dal suo precedessore Clemente II e da lui stesso confermata); sostituisce la sovranità imperiale su Benevento con quella pontificia, e l’Imperatore Enrico III detto il Nero, re di Germania, ne ratifica la supremazia in cambio della rinunzia di ogni diritto da parte della S. Sede sul vescovado di Bamberga e la Badia di Fulda. Il 27 novembre 1077 muore Landolfo ultimo principe longobardo di Benevento, senza lasciare eredi; con lui cessa la dominazione longobarda durata 506 anni e per effetto dell’accordo tra Papa e Imperatore, nasce il Ducato Pontificio di Benevento, il cui governo sarà affidato a “Rettori” di nomina pontificia.

Santa Sofia Longobarda

Un pericolo però incombeva sul Ducato: la minaccia di una invasione normanna che non tardò a verificarsi nel dicembre 1077, quando Roberto il Guiscardo tentava di conquistarlo, e solo quando i Beneventani pagarono un riscatto di 4.500 bisanti d’oro, l’ombra della sciagura si dissolse. Dopo tre anni, il 20 giugno 1080, con il trattato di Ceprano stipulato da Papa Gregorio VII (Ildebrando di Soana) e Roberto il Guiscardo, si sancisce il riconoscimento del dominio normanno su gran parte dell’Italia meridionale ad eccezione di Benevento che resta definitivamente sotto il potere temporale dei Papi.

Benevento aveva già ricevuto dalla S. Sede un grande privilegio. Papa Giovanni XIII, nel 967, trovandosi di passaggio in terra sannita, riceve dai Beneventani una festosa accoglienza ed una generosa ospitalità che lo stesso Papa ricorderà durante la celebrazione del sinodo romano del 969 alla presenza dell’imperatore Offone I il Grande, Imperatore e Re di Germania, di Vescovi e Cardinali, esaltando la Cattedra beneventana e rivolgendosi in particolare a Landolfo, Vescovo di Benevento, dirà: “Concediamo a te e ai successori, il titolo di Arcivescovo e l’onore del Pallio”. Tra i secoli XI e XII si avrà il completamento della Chiesa Cattedrale, la cui vecchia struttura risale al Vescovo Davide che la dedicò a Dio e alla Vergine Maria il 18 dicembre 787, e sarà distrutta dal terremoto dell’827.

Rocca dei rettori

La ricostruzione dunque prevedeva un considerevole ampliamento della Chiesa, suggerito dal Contestabile di Benevento, Landolfo della Greca. I lavori iniziarono ufficialmente nel 1110, notizia confermata dal cronista Falcone Beneventano, asserendo che nel l124 i lavori procedevano con sollecitudine, ma si prolungheranno fino al 1179 sotto l’episcopato del Card. Ruggiero ovvero, quando si compone la facciata del Duomo in stile romanico, partecipando il Presule personalmente allo studio e alla impostazione del portale, così come appare oggi. I disastrosi eventi dell’ultimo conflitto mondiale non hanno risparmiato la porta di bronzo, meravigliosa opera di due anonimi artisti, definita da Adolfo Venturi: “il maggior poema sacro dell’età romanica nel mezzogiorno d’Italia”. L’11 febbraio 1279 inizierà la costruzione del campanile aggregato sul lato est della facciata e sorgerà imponente da una base quadrata ingentilito dalle armoniose e caratteristiche bifore gotiche. Nel XIII sec. Benevento è teatro di altro episodio di non trascurabile importanza, tanto da indurre il sommo poeta Dante a farne menzione nel terzo canto del Purgatorio: Se il Pastor di Cosenza che a la caccia di me fu messo per Clemente allora, avesse in Dio ben letta questa faccia, l’ossa del corpo mio sarieno ancora in cò del ponte presso a Benevento sotto la guardia de la grave mora… Ecco ciò che avvenne! Manfredi di Svevia, figlio di Federico II e nipote di quel Federico I detto il Barbarossa, dopo la morte del padre (1250) resse provvisoriamente il Regno di Sicilia, in sostituzione del fratellastro Corrado IV legittimo erede, fino a quando questi ne prese possesso. Alla immatura ed improvvisa morte di Corrado doveva succedere il figlio Corradino, e Manfredi, sostenuto da Papa Innocenzo IV, interviene ancora una volta, giustificando la giovane età dell’erede e quindi nessuna garanzia al Regno. Nel 1257 Manfredi godeva di un incontrastato dominio e a questo aggiungeva anche il protettorato della pontificia città di Benevento che la Chiesa aveva ricevuto dai normanni. A scompaginare il pretenzioso programma di Manfredi è il nuovo Papa Urbano IV che inizia una pericolosa politica disgregatrice per il regno di Sicilia, riesaminando la possibilità di trovare un re disposto ad essere vassallo della S. Sede. Il Papa conclude con Carlo d’Angiò Conte di Provenza, il trattato del 17 giugno 1263 con il quale il Regno di Sicilia diventava feudo della Chiesa. Con questo accordo la sorte di Manfredi è segnata. Il 6 gennaio 1266 a Roma, cinque cardinali poggiano la corona regale sul capo di Carlo d’Angiò. L’esercito franco-provenzale superando alcune schermaglie con truppe ghibelline, attraversa l’Italia settentrionale e centrale; giunge a Roma il 3 febbraio 1266 proseguendo verso il sud. Sul Garigliano violerà le frontiere del Regno e su questo ponte il legato pontificio immette Carlo nel pieno possesso del Regno, feudo della Chiesa.

Monumento a Manfredi

Manfredi intanto concentra il suo esercito nella piana di Benevento presso il fiume Calore, per arginare l’avanzata angioina. Carlo, superato Alife, Piedimonte e Telese, all’alba del 26 febbraio 1266, da un’altura del circondario beneventano, schiera le sue agguerrite forze.

Ritrovamento del corpo di Manfredi
Il ritrovamento del corpo di Manfredi – Giuseppe Bezzoli 1837 Museo del Sannio

Lo scontro degli eserciti sarà cruento e sanguinoso, e quando le ombre della notte calarono sul campo, i corpi senza vita di migliaia di uomini coprivano il suolo. Lo stesso Manfredi, dopo un eroico combattimento, rimane ucciso; la identificazione e il ritrovamento del suo corpo avverrà dopo tre giorni. (La meravigliosa tela, opera del pittore fiorentino Giuseppe Bezzuoli – 1837 – esposta nel Salone dei Concerti del Museo del Sannio, raffigura con struggente realismo, il ritrovamento del corpo di Manfredi).

Carlo d’Angiò, occupata la città, pervaso dall’euforia della vittoria permise alle sue soldatesche saccheggi ed incendi. Benevento, dopo quest’altra tristissima esperienza, ritorna alla S. Sede per iniziare un nuovo capitolo, le cui premesse però si presentano avare di speranze, in un clima di tensione che non consentirà serene valutazioni di ripresa. La realtà del nuovo dominio, affidato prima ai Rettori pontifici poi ai Governatori ed infine ai Delegati, non riscosse unanimi consensi sia per non aver saputo educare il popolo al sentimento di leale sudditanza, sia per la forma di governo che il più delle volte si esercitava con assurda grettezza e con l’aggravante di privilegiare esclusivamente la classe dei nobili.

Hohenstaufen

I Rettori ebbero come prima sede il palazzo dei principi longobardi in “Piano curiae” (piazza Piano di Corte) ma le continue sommosse misero seriamente in pericolo di vita i Rettori come successe al Rettore Guglielmo nel 1128, il quale, dopo essere stato ucciso in una stanza del palazzo rettorile, fu trascinato crudelmente dal popolo fino al carnaio, fuori la Porta S. Lorenzo.Uno stato di pericolo che durerà fino al 1320. Soltanto il Rettore Guglielmo de Balaeto trovò il coraggio di denunziare questo stato di cose al Papa, proponendo la costruzione di una più idonea sede al fine di assicurare la integrità dei Rettori.
Papa Giovanni XXII accolse la richiesta di Guglielmo e ordinò la costruzione di una Rocca i cui lavori iniziarono il 5 luglio 1320, sorgendo in un’ottima posizione strategica, realizzandosi un progetto che ricalcava il modello delle grandi costruzioni militari del sud della Francia (Carcassone e Avignone); massiccio edificio, addossato alle mura della città, adiacente alla Porta Somma. La Rocca, detta dei Rettori, rimarcherà in maniera sorprendente le caratteristiche tecniche dell’architettura militare del XIV sec. che si riscontrano nel Castello dei Papi di Avignone. Quanti personaggi hanno ospitato le silenti mura della Rocca! Se ne cita qualcuno per pura curiosità: – Papa Urbano VI nel 1385 trova rifugio per sottrarsi alle minacce di Carlo III di Durazzo; – nel 1443 Alfonso I d’Aragona, convoca tutta la nobiltà napoletana per preparare l’assedio di Napoli e abbattere la dinastia angioina; – dal 1586 i locali sotterranei vengono adibiti a carcere e questa destinazione d’uso durerà fino al 1865. Intanto dal XIV al XVIII sec. il Ducato pontificio di Benevento attraversa un periodo di tollerante tranquillità compensato però da una ripresa di tutte le attività: artigianato, commercio, cultura, arti, professioni. La vita, subordinata agli eventi naturali, scorre tra gioie e dolori; le gioie, come sempre, di effimera durata, i dolori di prolungato effetto. In ogni secolo, con sistematica puntualità, Benevento è stata martoriata da movimenti tellurici, alcuni disastrosi, come quello del 5 giugno 1688, e come sempre ha saputo trovare energie disponibili, idonee a ripristinare l’ordine delle cose.
La provvidenziale presenza del Card. Francesco Maria Orsini, Arcivescovo di Benevento, poi Papa Benedetto XIII, contribuì a lenire le tante sciagure che il predetto scisma aveva arrecato, approntando un razionale piano di ricostruzione di edifici pubblici, privati e di culto, realizzando un acquedotto cittadino, istituendo Monti Frumentari, elevando il grado di cultura del clero attraverso frequenti visite pastorali e la celebrazione di numerosi sinodi provinciali, curando paternamente una mirabile catena di solidarietà per i più bisognosi. Orsini sarà definito “Alter conditor Urbis”. Con le premesse del Card. Orsini, il secolo XVIII sarà una primavera di grande respiro culturale per il capoluogo sannita; un generale fermento investe la classe intellettuale, nascono le prime accademie letterarie s’impongono nomi prestigiosi nella letteratura, nelle scienze, nella medicina, nella musica. Un albo d’oro raccoglierà i nomi dei figli migliori di Benevento e provincia. Negli ultimi anni del 1700, Benevento aveva raggiunto una particolare dimensione sociale, garantita dagli ordinamenti comunali, ma un latente desiderio di trasformazione politica s’insinuava nell’animo dei giovani, i quali, ispirandosi alla rivoluzione francese, riescono a costituire un fraterno sodalizio.

Benedetto XIII

Quando l’esercito francese entrerà in Roma il 10 febbraio 1798 ed instaura la repubblica, Ferdinando IV Re di Napoli occupa Benevento con il pretesto di custodire il Ducato alla S. Sede. Breve custodia! Il 19 gennaio 1799 entra in Benevento una brigata del Gen. Broussier. L’emblematico albero della libertà sarà innalzato in Piazza Orsini il 23 febbraio 1799. Prenderà poi possesso della città e del contado il francese Carlo Popp (7 aprile 1799) proclamando ufficialmente l’aggregazione del ducato pontificio di Benevento alla repubblica francese. L’allocuzione rivolta al popolo e ai soldati di Benevento dirà tra l’altro: “… una nuova luce risplende per voi in questo giorno, o cittadini Beneventani. La grande e generosa Nazione Francese viene ad assicurarvi il godimento de’ sacri diritti dell’uomo e del cittadino…”. Il fervore cristiano del popolo risponderà il 27 marzo 1799 bruciando l’albero della libertà e nello stesso luogo, per iniziativa di S. Gaspare del Bufalo, nel 1815 sarà innalzata una pesante croce di ferro, testimonianza di una fede sofferta. Papa Pio VII (Gregorio Chiaramonti) nominava il 5 ottobre 1800 governatore pontificio, Mons. Stefano Zambelli, per assicurare le normali funzioni, in quanto l’intromissione borbonica sosteneva e riconosceva soltanto l’utile dominio del Papa. A seguito di una chiarificazione avvenuta il 9 aprile 1802, Ferdinando IV ritira le truppe da Benevento restituendola al Papa, grazie anche all’interessamento diretto di Napoleone. L’Imperatore dei Francesi poneva intanto sul trono di Napoli suo fratello Giuseppe, ed essendosi fortemente irritato dal netto rifiuto del Papa a non volere riconoscere il nuovo re partenopeo, il 5 giungo 1806 decreta l’annessione del Ducato pontificio di Benevento alla Repubblica Francese, assegnandolo a Carlo Maurizio Taìleyrand-Perigord, con il diritto di trasmetterlo ai suoi eredi maschi. Un reggimento di cavalleria comandato dal Generale Lanchantin occupa Benevento il 16 aprile 1806 a nome dell’Imperatore; questo generale sarà sostituito il 28 giugno da Alessandro Dufresne Saint-Leon, inviato dal Talìeyrand, e anch’egli sarà poi sostituito dall’alsaziano Louis de Beer (15 agosto) con il compito di svolgere funzioni di governatore. Con slancio generoso egli porterà una ventata di radicale rinnovamento in tutto il principato. Rendendosi conto della preziosità di tanti reperti storici disseminati in tutta la città, suggerì la formazione di un museo archeologico nella soppressa casa dei Gesuiti (attuale Convitto Nazionale “P. Giannone”) e nello stesso edificio, per una maggiore diffusione della cultura, con un pubblico manifesto del novembre 1810, annunzia l’apertura del Liceo di Benevento. Promuove l’abbellimento dell’area antistante la chiesa di S. Sofia, oppressa da un recinto di mura irregolari e vecchie case, ottenendone un ampio spiazzale, collocandovi al centro un’artistica fontana, formata da una vasca circolare contenente quattro leoni sostenenti un obelisco di proporzionata grandezza e decorato alla sommità dalla bronzea aquila imperiale, simbolo della repubblica francese. Il Principato di Benevento sarà restituito alla Chiesa dopo quanto convenientemente concordato tra le maggiori potenze europee partecipanti al Congresso di Vienna (ottobre 1813 -giugno 1815). Decisione per di più patrocinata dallo stesso Principe di Talleyrand (ora Ministro di Luigi XVIII re di Francia) donde il Papa nominerà Mons. Luigi Bottiglia Delegato apostolico di Benevento, il quale si prodigherà a ristabilire la nuova autorità dal luglio 1816. Nel 1820 altri fermenti serpeggiano in terra sannita: questa volta l’organizzazione segreta dei Carbonari sarà quotidianamente presente con la cospirazione, per infondere nell’animo del popolo sentimenti di libertà e speranze di riscatto. Il nuovo Papa, PIO IX (Giovanni Maria Mastai), eletto il 16 giugno 1846, concederà l’amnistia a tutti i condannati politici ed in particolare rinvigorirà anche le speranze dei patrioti beneventani quando il 15 marzo 1848 emetterà: “Lo Statuto fondamentale per il governo temporale degli Stati della Chiesa”. La città di Benevento esplose per le vie in una gioia indescrivibile inneggiando a Pio IX e alla Costituzione. Scoppiata a Roma la rivoluzione (1848), il Papa trova rifugio presso Ferdinando re delle due Sicilie a Gaeta (25 novembre 1848) e qui soggiornando gli giungerà notizia della protesta manifestata dai Beneventani su quanto accaduto. A tale dimostrazione di solidarietà, il Papa decide di visitare Benevento, possesso secolare della Chiesa e il 30 ottobre 1849 Pio IX entra nel territorio beneventano. Erano ad attenderlo alla Porta Rufina, il Gonfaloniere del Comune, il Card. Domenico Carafa della Spina, Arcivescovo di Benevento, i Cardinali Antonelli e Ferretti, il Governatore pontificio Mons. Pietro Gramiccia ed una folla festosa. Verso la fine del 1855 la città è afflitta da una desolante miseria, aggravata dalla imposizione di ulteriori gabelle. Il popolo reagisce in una generale sommossa detta: “rivoluzione delle frasche” (la folla in segno di pace e di giustizia agitava silenziosamente rami di acacia). Tale dimostrazione, pur non ispirandosi ad una matrice politica, contribuì al risveglio del movimento rivoluzionario, ormai presente nei vicini casali del Ducato. Il beneventano Salvatore Rampone il 13 febbraio 1860, nella qualità di esponente del locale comitato liberale di unità nazionale, si unisce al Comitato di Avellino e della Valle vitulanese per richiedere al Comitato di Napoli ogni possibile conforto per la costituzione della provincia di Benevento. Il Rampone viene eletto Presidente del Governo provvisorio il 2 settembre 1860 e il giorno successivo, quale commissario del Dittatore Garibaldi, si presenta al Delegato pontificio Mons. Agnelli per comunicargli la cessazione del dominio pontificio. A Napoli, il 25 ottobre, il pro Dittatore Giorgio Trivulzio-Pallavicino, emetteva il decreto relativo, il cui art. 1 così recitava: “L’antico Ducato di Benevento è dichiarato Provincia del Regno d’italia. Un’apposita legge determinerà la sua circoscrizione, nel fine di completare il territorio, proporzionalmente alle altre province”. Il 15 maggio 1861, alla Camera dei Deputati di Torino è approvata a grande maggioranza la circoscrizione della Provincia di Benevento. Nel periodo risorgimentale e con l’unità d’Italia, Benevento, dopo le aspre e dolorose lotte vissute in un succedersi di domini e di civiltà, riesce a conquistare il suo vero ruolo aderendo con dignitosa partecipazione al progresso economico, sociale, politico e culturale della Nazione.

FONTE:
Articolo tratto dalla pubblicazione Web: BENEVENTO  E  LA  SUA  PROVINCIA.

Benevento nella storia – Copyright – 1999 – 2002 – © Fioravante BOSCO

ARTICOLO ORIGINALE
http://www.brigantaggio.net/Brigantaggio/Storia/Benevento03.htm

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